Ulcer Index, un'applicazione pratica
- valentinamarzioni
- 10 apr
- Tempo di lettura: 5 min
Nei precedenti articoli abbiamo visto come l’oro abbia saputo trasferire valore nel tempo (addirittura secoli o millenni) e come il Bitcoin si stia affermando come l’asset più performante di sempre, grazie anche e soprattutto a caratteristiche di scarsità del tutto simili all’oro, ma in ambito digitale.
Dall’analisi di queste caratteristiche, l’ufficio ricerca di Diaman Partners ha elaborato una strategia per poter avere in un singolo indice entrambi questi meravigliosi Assets pesati con una logica intelligente e dinamica.
Molti conosceranno il Risk Parity approach, proposto nel 2005 da Eward Qian con un bel paper dal nome “Risk Parity portfolios”.
Di fatto una strategia Risk Parity pesa all’interno di un portafoglio di investimento, due o più strumenti finanziari in base ad un indicatore di rischio, tradizionalmente l’inverso della volatilità, in modo da sovrappesare i titoli più prudenti e allocare un budget di rischio minore per gli strumenti più aggressivi.
La volatilità tuttavia ha delle caratteristiche matematiche che non si prestano bene per questi tipi di approcci, perché in base alla sua formula di calcolo, elevare al quadrato i rendimenti di fatto ne elimina il segno (più o meno) e quindi una serie storica che tendenzialmente perde, può avere la medesima volatilità di una serie storica che tendenzialmente guadagna, senza alcuna distinzione; mentre risulta evidente che io in portafoglio preferirei avere quella che guadagna e non quella che perde.

Inoltre la volatilità, come indicatore statistico non tiene assolutamente conto della sequenza dei rendimenti, così come il VaR (Value at Risk), quindi di fatto non sono indicatori in grado di determinare ser il rischio sta aumentando prima che il vero rischio si palesi, ma solo dopo.
Un esempio eclatante, anche se ce ne sono molti altri, è stato a settembre 2008, quando è fallita Lehman Brothers, fino a metà settembre, forse anche fino ai primi di novembre, sia la volatilità che il VaR non avevano dato segnali evidenti che il rischio stava aumentando sui mercati finanziari. Si è dovuto aspettare i primi giorni di novembre, con il mercato azionario che faceva -10% e +10% un giorno per l’altro per vedere cambiare il VaR e la Volatilità con un livello apprezzabile.
Per far comprendere queste dinamiche ho ipotizzato una serie storica casuale, che ha media = 0 e volatilità = 20,7

Per far comprendere il meccanismo perverso del calcolo della volatilità, i rendimenti Xi della formula sono le barre verticali sotto il grafico.
La volatilità non cambia se io cambio la sequenza dei rendimenti, quindi paradossalmente se ordinassi i rendimenti dal minore al maggiore, otterrei un risultato del genere come serie storica:

Se invece ordinassi i rendimenti dal maggiore al minore, otterrei una serie storica completamente diversa

E’ evidente che le tre serie storiche hanno caratteristiche completamente diverse, e che con ogni probabilità il sentimento e forse il comportamento di un investitore nel vivere tali serie storiche sarebbe completamente diverso.

Quindi se noi rappresentiamo in un grafico le tre serie storiche, che vediamo qui sotto, possiamo anche concludere che in mezzo ai due estremi ci sono un numero molto grande di serie storiche (n!) che varia in base al numero di giorni di osservazione che hanno la medesima media e medesima varianza, ma non necessariamente la stessa percezione di andamento da parte dagli investitori.
Da questa consapevolezza sui limiti della volatilità come indicatore di rischio, abbiamo pensato di usare un altro indicatore di rischio, meno conosciuto, ma sicuramente più efficiente, mi riferisco all’Ulcer Index.
Ancora pochi conoscono questo indicatore, creato nel 1987 da Peter Martin, perché è stato pubblicato in un libro di Fidelity, ma non è mai stato presentato ufficialmente in un paper accademico.
Diaman lo ha portato in Italia nel 2004, grazie al comitato scientifico che allora comprendeva anche Paolo Sassetti, un appassionato di Hedge Funds americani.
L’ulcer index ha una formula simile a quella della volatilità, solo che i rendimenti non sono quelli giornalieri, ma il rapporto tra il prezzo del giorno ed il massimo precedente

Così facendo l’ulcer index è in grado di misurare la relazione tra la perdita ed il tempo di recupero, ma soprattutto è sensibile alla sequenza dei rendimenti, quindi a differenza della volatilità, se io cambio una sequenza tra due rendimenti, ottengo un Ulcer Index diverso.
Quando questo indicatore è utilissimo? Quando devo comprendere se una serie storica sta andando male o sta andando bene, dettaglio che la volatilità non è in grado di fornirmi.

E’ evidente che se devo creare un portafoglio composto da due strumenti finanziari, utilizzando un indicatore di rischio per determinarne il peso di ciascuno, l’ulcer index mi permette di pesare con maggior dinamismo e prontezza le componenti tenendo conto del trend in atto.

Come si vede nell’esempio, nella prima parte l’ulcer index è stato molto basso, quindi l’indicazione sarebbe stata di sovrappesare questa serie storica rispetto l’altra che magari andava male, ma nella seconda parte del grafico l’ulcer index continua ad aumentare, indicando che è meglio ridurre l’esposizione di tale asset.

Nell’esempio estremo di prima, dove la volatilità rimaneva uguale, l’Ulcer Index praticamente raddoppia, indicando chiaramente che questa situazione di andamento del prezzo, soprattutto nella prima parte non va bene, mentre migliora nella seconda parte, perché il valore medio si riduce progressivamente.

Nell’altro esempio invece, l’Ulcer index è praticamente nullo nella prima parte di salita del grafico, per poi incrementare progressivamente nella seconda parte.
Anche in questo caso l’Ulcer Index ha un valore differente rispetto agli altri due esempi, dimostrando la sua superiorità rispetto alla volatilità.
Inoltre, per rendersi conto definitivamente della validità di tale strumento come indicatore dinamico del rischio che aumenta o diminuisce, abbiamo preso il rendimento dell’oro a 90 giorni, comparato con l’Ulcer Index a 90 giorni.

Come si può vedere l’ulcer index si muove in perfetta complementarietà con il rendimento dell’Oro, quindi se io uso l’ulcer Index come indicatore che mi determina il peso dell’oro da inserire in portafoglio, quanto più l’Ulcer Index è alto, tanto meno ne metterò in portafoglio, e viceversa, se l’ulcer Index è basso, sarò più confidente a mettere in portaforglio una dose maggiore di Oro.

Lo stesso dicasi per il Bitcoin, con la differenza che i valori di Ulcer Index mediamente sono più alti del valori dell’Oro, indicando chiaramente che il peso predominante in portafoglio è l’oro, rispetto al Bitcoin, anche se i cambi sono molto repentini nel tempo, come evidenziato dal grafico qui sotto

Il risultato finale comunque è sorprendente, perché il mix di portafoglio tra Oro e Bitcoin, avrebbe portato, se iniziato nel 2015, ad un rendimento medio annuo del 27%, con una volatilità del 22%, un risultato migliore del Nasdaq di questi ultimi 10 anni, ma soprattutto con un drawdown minore.

Di fatto questa strategia avrebbe restituito un rendimento superiore allo S&P500 per 8 anni degli ultimi 10, con una volatilità di poco superiore ed una correlazione molto bassa, che ne evidenzia il potenziale in termini di miglioramento del rendimento corretto per il rischio in un portafoglio di investimento.
Ma di questo ne parleremo in un altro articolo.
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